A Siena il sacro e il profano si intrecciano continuamente: anche in chiesa.
Il Palio è vicino: si correrà tra appena qualche ora. Sono circa le 15 e il cavallo toccato in sorte alla contrada viene portato dal Barbaresco nell’Oratorio di Contrada per essere benedetto. Sacro e profano, celeste e terreno: questo è il Palio.
La benedizione del cavallo è un momento particolarmente delicato e molto sentito dai Contradaioli, già in fervente attesa per la corsa imminente e preda dell’ansia, della passione e del tormento interiore che solo il Palio è capace di suscitare nell’animo di un senese.
Si tratta di un rito religioso, quasi mistico, che prevede la presenza del cavallo e del fantino di fronte all’altare: qui il sacerdote di contrada, detto “Correttore”, al termine della benedizione pronuncia la frase “Vai e torna vincitore”per augurare al barbero la desiderata vittoria.
Per tutti coloro che si avvicinano al Palio da non contradaioli o non senesi, è bene tenere a mente che qualora si riesca ad entrare nell’oratorio durante la funzione (l’ingresso può facilmente non essere concesso a causa delle dimensioni ridotte degli ambienti e della delicatezza del momento), è richiesto il massimo silenzio ed è assolutamente vietato applaudire ed utilizzare il flash, con l’intento primario di non disturbare il cavallo.
La benedizione del cavallo dà il via ad un altro passaggio fondamentale della giornata del Palio: al termine le comparse in costume di ciascuna Contrada si recano alla prefettura (accanto al Duomo), da dove parte il Corteo Storico alla volta della Piazza del Campo, prima della corsa delle 19.
La benedizione del cavallo si svolge negli Oratori, ovvero le Chiese di Contrada, la cui officiatura è affidata ad un sacerdote che, come abbiamo visto, prende il titolo di Correttore. Le primitive residenze delle Contrade furono proprio le chiese, dove venivano celebrate non solo le ricorrenze liturgiche, ma si riunivano anche i contradaioli in consiglio per ascoltare la parola che il Priore rivolgeva loro dall’altare.
Alcune Contrade cominciarono ad avere una chiesa per sede fin dal secolo XV, ma la maggior parte di esse trovarono una sede stabile soltanto verso la fine del Settecento o nei primi anni dell’Ottocento. Quasi tutte le Contrade, prima di avere una propria sede, chiesero ospitalità ai parroci o ai confratelli di compagnie laicali. Per sdebitarsi dell’incomodo arrecato, le Contrade pagavano un canone annuo di affitto, consistente in alcune libbre di cera bianca, ed offrivano alla chiesa il ricavato dei premi vinti nel Campo. Con gli antichi bacili d’argento e con bei drappellone di damasco si facevano arredi e paramenti sacri, arricchendo gli oratori, ma disperdendo purtroppo anche preziose testimonianze paliesche. Talvolta, dalla stessa Compagnia ospitante, la Contrada riceveva un sussidio per partecipare la Palio. Ma non sempre i rapporti tra confratelli e contradaioli furono cordiali. Spesso l’accordo veniva rotto e la Contrada era costretta a trovarsi un altro oratorio.
Finalmente nella seconda metà del Settecento una grande soppressione di conventi e di confraternite senesi, attuata dal granduca Pietro Leopoldo, consentì a quasi tutte le Contrade di sistemarsi in chiese abbandonate, divenendo custodi e spesso proprietarie di stupendi patrimoni d’arte sacra, ancora visibili in questi piccoli e inestimabili scrigni di fede… anche paliesca!
Dove: ogni Contrada ha il proprio oratorio all’interno del territorio
Quando: si consiglia di telefonare alla società della contrada o alla parrocchia per verificare l’apertura