Un suggestivo vicolo che conserva l’eco di un’antica arte e forse anche della Via Francigena…e di una leggenda da brividi!
A metà di Via Pagliaresi (Cane e Gatto) si apre il vicolo degli Orefici, uno dei più caratteristici e meno conosciuti di Siena. Un vicolo lungo, sinuoso, e che si apre su un mondo senza tempo, arricchito di piante e fiori che gli abitanti curano con grande gioia per arricchire questo spicchio di Siena.
Questo vicolo, oggi senza sfondo, un tempo era aperto e collegava Cane e Gatto con il parallelo, anche se distante, vicolo dei Magalotti, che collega via Pantaneto con via San Martino.
L’etimologia del nome è incerta. La famiglia Pagliaresi commerciò effettivamente in oro e forse si deve a quello stesso Il dibrandino Pagliaresi, presente nella commissione del 1259 eletta per costruire porta San Viene, l’espansione dell’attività orafa in questa strada. Tra il Duecento e il Trecento, del resto, tra le arti in grande sviluppo in città vi era proprio quella degli orefici, che lavoravano, in realtà, oltre ai metalli preziosi, anche rame, bronzo e ottone.
In questa zona il concentramento di orafi è attestato anche dall’esistenza, nelle vicinanze, del cosiddetto vicolo dell’Oro.
Il Vicolo degli Orefici ad un viaggiatore distratto può apparire insignificante; in realtà ad una visione meno fugace non può sfuggire la presenza lungo di esso, o nelle sue immediate vicinanze, di alte case-torri, in particolare di quella dei Cauli, proprio di fronte alla piazzetta di San Giusto, ancora oggi una delle più alte di Siena. Il fatto che edifici così antichi e importanti non siano allineati con l’odierno percorso di via San Martino, ma siano più arretrati, e perciò in corrispondenza con vicolo degli Orefici, ha indotto taluni a ritenere che questo sia ciò che resta dell’originario tracciato della Via Francigena la quale, prima del Duecento, scorreva sul crinale del colle e non a mezza costa.
Nell’addentrarvi nel vicolo, fate caso a due particolari: il primo, a metà del vicolo, è un antico pozzo ricavato dagli smiragli, ovvero una delle aperture verticali realizzate nel corso dello scavo delle gallerie dei bottini. A Siena le case, i palazzi signorili e i conventi del centro erano spesso dotati di questi pozzi per l’approvvigionamento dell’acqua, per il cui utilizzo era previsto il pagamento di una sorta di tassa sull’acqua alla Biccherna, l’ufficio finanziario dell’antico Comune di Siena.
Il secondo particolare su cui soffermarsi è un raro esempio di tubatura in cotto lavorato, un tipo di tubatura elegante e funzionale usata fin dai tempi etruschi.
Il Vicolo degli Orefici fa anche da sfondo a una delle leggende che circolano a Siena: si racconta che nei primi anni dell’Ottocento un uomo che abitava all’inizio del vicolo, a causa di una vicenda di sangue, si trovò a consumare gli anni della sua esistenza vivendo la duplice realtà di uomo e lupo mannaro.
Nelle notti di luna piena ed in quelle buie e tempestose cadeva preda di pensieri violenti e sanguinosi fino a quando non s’innescava il terrificante rituale della trasformazione: il pelo, le unghie, il corpo. Poi andava a rifugiarsi in un piccolo orto dietro un cancello e da qui incominciava ad urlare ed ansimare.
Chiudendo il cancello alle sue spalle, percorreva tutto il vicolo guardando furtivamente a destra ed a sinistra. Gli animali del luogo impazzivano, specialmente i cani, mentre gli uomini si chiudevano nelle loro case.
Secondo la storia, l’uomo del vicolo degli Orefici sarebbe diventato un lupo mannaro a seguito di una maledizione. Preso dalla disperazione, avrebbe infatti violentemente ucciso un losco strozzino a cui doveva molti denari. La giustizia umana non arrivò mai a lui; nessuno seppe, nessuno capì e quell’omicidio morì dimenticato dagli uomini.
Ma su di lui, come per giustizia ultraterrena, si abbattè una crudele condanna: la trasformazione in lupo mannaro. Così nelle notti buie e ventose, illuminate da una velata luna, simile a quella della sera dell’ atroce uccisione, usciva dal suo segreto rifugio e ripeteva, in uno sconcertante rituale, tutti gli atti di quella drammatica notte: percorso, gesta, urla.
Dove: Vicolo degli Orefici (nel territorio della Contrada del Leocorno)
Quando: Meraviglia sempre visitabile