Uno dei più famosi e leggendari tabernacoli di Siena.
Passeggiando per il centro storico di Siena, tenendo alto lo sguardo, possiamo notare sui muri di molti palazzi i tabernacoli, che rappresentano una peculiarità urbanistica, storica e culturale della città, e testimoniano la profonda e radicata fede mariana dei senesi.
Si tratta di affreschi o rilievi in stucco realizzati tra il XIII ed il XX secolo da artisti famosi o sconosciuti, a volte evidenti sulle strade principali ed altre volte defilati, alcuni grandi ed imponenti ed altri piccoli e semplici.
Nel Medioevo molte città erano costellate di tabernacoli, chiamati anche Madonnine o Madonnelle: forse, ancora prima del sentimento religioso, rispondevano alla necessità di illuminare gli angoli bui e malsicuri, e magari venivano rispettati più di un semplice lampione proprio perché destinati alla Madonna.
A Siena però, città Mariana e molto legata al passato, la tradizione dei tabernacoli è rimasta immutata: se ne contano una sessantina, e l’8 settembre tutta la città si anima attorno ai tabernacoli con una genuina festa dedicata alla Madonna, che coinvolge anche i piccoli delle Contrade.
Uno dei tabernacoli più suggestivi e famosi che si incontrano è quello della Madonna del Corvo, visibile sul muro di Via Stalloreggi ad angolo con Via del Corvo, un vero proprio pezzo d’arte sopravvissuto a secoli di storia cittadina.
Affrescato da Giovanni Antonio Bazzi, detto Il Sodoma, all’inizio del ‘500, il tabernacolo è popolarmente conosciuto come “Madonna del Corvo“, tanto che nel 1931 il podestà di Siena, Fabio Bargagli Petrucci, decise di apporre una lapide che sancisse tale denominazione.
La Madonna del Corvo venne realizzata su commissione dei fratelli Antonio e Caterino di Caterino Mariscotti sulla facciata del palazzo in cui abitavano dagli inizi del secolo. Il Sodoma si ispirò alla Pietà scolpita da Michelangelo per la Basilica Vaticana ma, per motivi di spazio, verticalizzò la composizione sollevando il busto di Cristo. Movimento equilibrato dalla Madonna che con la mano sinistra (abbassata rispetto a quella della scultura) stringe la gambe di Gesù.
Sulla sua origine c’è una versione leggendaria: la Pietà sarebbe stata dipinta nel luogo dove, secondo la tradizione, nel 1348 sarebbe caduto morto un corvo, portatore del morbo della peste, che dette via al contagio della malattia in tutta la città. Per Siena la cosiddetta “Peste Nera” fu un enorme lutto cittadino ed un grande trauma collettivo: Agnolo di Tura, uno dei grandi cronisti italiani del XIV secolo, senese di nascita, descrisse la “grande mortalità, la maggiore e la più oscura, la più horribile” che la città abbia mai visto. Il numero dei morti resta incalcolabile a Siena, ma il cronista lo quantificò in circa ottantamila persone. A causa della peste lo stesso Agnolo di Tura perse cinque figli che dovette seppellire egli stesso. E il dramma di Agnolo di Tura non fu un caso isolato. Nel 1348 Siena lamentò anche la scomparsa di due dei suoi artisti più famosi, i fratelli Pietro e Ambrogio Lorenzetti, entrambi pittori.
La verità sulla Madonna del Corvo è molto meno affascinante: infatti i Marescotti, committenti dell’opera e proprietari del palazzo, vantavano sullo stemma di famiglia un’aquila nera monocipite ad ali spiegate.
Ma nell’affresco è resa male e il pennuto, più che un’aquila, assomiglia ad un piccione o, con fantasia, appunti ad un corvo non appestato.
Dove: Via di Stalloreggi, angolo Via Madonna del Corvo
Quando: Meraviglia sempre visitabile