Alla scoperta di uno dei più antichi simboli dell’ospitalità toscana
Il Vinsanto è un vino dolce e prezioso, perché la sua preparazione richiede tempo, cura, pazienza, e rispetto di regole non scritte, ma tramandate di generazione in generazione.
Si tratta di un vino dolce, ambrato, perfetto per concludere in dolcezza un pasto, e fortemente legato alla tradizione senese e toscana. Nasce dalla selezione dei migliori grappoli di uva lasciati essiccare lentamente su graticci di legno o appesi a ganci, seguendo rituali spesso custoditi gelosamente anche nelle singole famiglie. Le varietà di uva utilizzata variano da zona a zona, ma a Siena e dintorni le più comuni sono il Trebbiano toscano, la Malvasia e il Sangiovese, vitigno base del celebre Chianti.
Alla fine del periodo di asciugatura, le uve vengono pigiate e il mosto trasferito in caratelle (le tipiche botti da vino dolce) di essenze diverse, dalle quali è stato appena tolto il Vin Santo dell’anno precedente. Le caratelle a questo punto sono sigillate e ospitate – secondo tradizione – nella soffitta di casa, in quanto si credeva che le variazioni di temperatura estreme in estate e in inverno giovassero alla fermentazione e alle note del vino.
Vi state chiedendo perché è un vino che richiede pazienza?
Perchè ci vogliono minimo tre anni per ottenere un buon vinsanto, anche se alcuni produttori lo lasciano invecchiare anche dieci anni, affinchè sprigioni al massimo profumo e sapore.
Sulle origini del vinsanto le leggende fioriscono: di sicuro si tratta di un vino presente da tempi molto antichi, e nasce per soddisfare i ceti più ricchi, a causa dei costi onerosi di produzione. A partire dal XIX secolo si diffonde anche sulle tavole dei ceti meno elevati, che lo consumano nelle occasioni di festa o come benvenuto per amici e ospiti importanti.
Il nome, secondo una delle versioni giunte fino a noi, deriverebbe da un fraintendimento della parola Xantos oppure Xanthos durante una battuta del cardinale Giovanni Bressarione riferita ad un vino che stava degustando. Il prelato avrebbe infatti esclamato “Questo è il vino di Xantos!“, forse riferendosi ad un vino passito greco di Santorini, Xantos nella sua lingua originale. I suoi commensali, che avevano confuso la parola “Xantos” con ‘santos’, credettero che egli avesse scoperto nel vino qualità addirittura “sante”. In ogni caso, da quel momento il vin pretto fu chiamato Vin Santo.
Una variante della storia narra che egli abbia usato la parola Xanthos (in greco significa giallo) mentre parlava del vino.
C’è poi la versione secondo cui “Santo” si riferirebbe al periodo di appassimento dell’uva, cioè tradizionalmente il 1 novembre, giorno di Ognissanti; e poi il racconto, squisitamente senese, secondo cui durante la Peste Nera del 1348 un frate francescano fosse solito curare i malati con il vino per celebrare messa, e viste le sue proprietà miracolose cominciarono a chiamarlo Vin Santo.
Quale che sia la sua origine, il Vin Santo rimane una delle più tipiche espressioni dell’ospitalità toscana: da sempre è accostato ai “cantuccini”, tipici biscotti secchi che è tradizione inzupparvi a fine pasto, ma vi consigliamo di provarlo anche in abbinamento a formaggi stagionati o erborinati – dei quali esalterà le note piccanti – con i crostini neri, oppure in accompagnamento a ciliegie e mandorle.